La città ambigua
The ambiguous city

Provo una sensazione ambigua nel rapportarmi con le città, anche dopo tanti anni trascorsi dentro di esse, come parte integrante della loro struttura, oppure come osservatore esterno, o come consulente dei loro amministratori. Vorrei sentirmi più a mio agio pensando alle città, ma forse il mio desiderio di sensazioni equilibrate non è che un riflesso della stanchezza e dell’età. So, come molti sanno, che la città oscilla tra la promessa di opportunità infinite e la realtà del potenziale inespresso; tra l’iperstimolazione delle pubblicità da sogno e l’anestetica monotonia dell’asfalto interminabile; tra il miraggio della coscienza collettiva, del fondersi con la folla, e la contrastante oppressione quotidiana dell’essere soli. 

                                                         (What’s up 3, 2012. Original artwork acrylic on wood. 70 x 70 cm)

 

C’è un divario enorme tra ciò che tanti vorrebbero ricevere dalla propria città e ciò che in definitiva ottengono. L’ho sperimentato sulla mia pelle.
Ho effettivamente desiderato una delle promesse offerte dalle città, ma mi è capitato raramente che si realizzasse. Ho desiderato di essere messo in perfetta comunicazione con gli altri, con le cose, con le conoscenze e le intuizioni, e tutto immediatamente; sono stato affascinato dalla possibilità di essere ubiquo, di trovarmi in un posto e insieme in mille altri, di essere immerso nel flusso di una corrente; ho desiderato di essere come un liquido che trasuda all’interno e all’esterno dei miei mondi interiori e in quelli esteriori; ho desiderato di essere allineato. 

Ho bramato gli effetti benefici dell’aprire tutti i miei sensi alla città, così da poter udire chiaramente e distinguere sottili modulazioni di ritmo e di tonalità, vedere in modo sia distinto che offuscato, odorare promesse di sapori, compenetrare le varie consistenze incontrate al tatto, che fossero dure, rugose, lisce o morbide. Ho desiderato di essere attento, sveglio e vivo. Ho desiderato di operare con un ampio registro di capacità e con la mente aperta. 

Ho desiderato di essere parte della città in modo viscerale e di esserne arricchito nei sensi. Ho voluto che la mia esperienza di città fosse come un profumo delicato. Ho cercato il genius loci e molto spesso l’ho trovato nelle cose marginali piuttosto che nei grandi gesti. Ho desiderato che la filosofia della generosità urbana imbevesse il mio ambiente fisico e sociale, perché volevo essere incoraggiato a mostrare occasionali atti di cortesia. Purtroppo, tutto questo si è verificato solo sporadicamente. Poi ho pensato che l’arte potesse venire in mio aiuto. Mi sono ricordato di Antanas Mockus, per due volte apprezzato sindaco di Bogotà tra il 1995 e il 2003, noto per aver detto: ‘Quando non so più cosa fare e quale decisione prendere, comincio a pensare da artista’. Ho pensato che il suo metodo di amministrazione urbana avrebbe attenuato la sensazione di spaccatura che avvertivo nelle città. Ma cosa intendeva con quella frase? Provo a spiegare la mia interpretazione. Noi viviamo tra due metà di mondo: la sfera razionale e quella sensoriale. L’arte nella sua massima espressione apre la strada migliore per il mondo sensoriale. Dal mondo razionale abbiamo da perdere, ma anche da guadagnare. Il mondo razionale tende all’immobilità, riduce sistematicamente le complessità, opera forme di semplificazione e di scrematura. Questo ci affascina. Ci dà l’illusione di sapere, quando in realtà non abbiamo fatto altro che restringere il campo di ciò che possiamo sapere. Non si adagia nell’incertezza o nell’ambiguità, in ciò che è ancora ignoto, si dimostra anzi assolutamente pratico. Aiuta a fare le cose. Possiede un suo vocabolario e un suo linguaggio: le sue parole elaborano le mentalità, le mentalità a loro volta danno vita alle decisioni, e le decisioni forgiano i nostri mondi. Faccio degli esempi, pregando il lettore di provare a sentire la vita in queste parole: scopo, obiettivo, focalizzazione, strategia, profitto, massimizzazione, risultato, calcolo, misurabile, quantificabile, logico, soluzione, efficiente, efficace, senso economico, razionale, lineare. Il vocabolario del mondo sensoriale ha finalità diverse. È emotivo, descrittivo, figurato, dipinge sensazioni, stati d’animo e atmosfere. Fa uso di metafore. Può sollevarti o abbatterti, farti godere di un attimo o fartene subire le conseguenze. 

Il senso artistico può scuotere i razionalisti o gli appartenenti al pianeta del business, perché i valori e gli attributi che dominano le loro vite sono quasi diametralmente opposti ai valori promossi dalla creatività artistica. L’arte e la creatività artistica nella loro massima espressione possono aiutare a compiere uno sforzo di immaginazione. Un viaggio di cui non si sa la destinazione né se ne avrà una, alla ricerca della verità e all’inseguimento di quanto c’è di vero e di profondo, senza un fine calcolato, senza un obiettivo specifico, non misurabile con metodi facili né del tutto spiegabile razionalmente, senza gratificazioni immediate; un viaggio che accetta l’ambiguità, l’incertezza e il paradosso. Invece il mondo commerciale predilige la certezza e la prevedibilità. 

La buona arte mira a creare opere che entrano nello spazio comune dell’umanità; si batte per l’originalità e l’autenticità e si oppone alla vanità; genera apertura verso idee nuove e nuovi modi di fare; è trasgressiva e disturba l’ordine costituito, spesso è scomoda. Anche questi attributi possono destare il timore di molti. L’obiettivo è fare in modo che queste due visioni della vita comunichino l’una con l’altra. 

Che cosa ha fatto Antanas Mockus? Per usare un termine artistico, ha curato la città e ne ha cambiato l’atmosfera. Per esempio, ha assunto 420 mimi affinché si facessero beffe di chi contravveniva al codice della strada, perché a suo dire i colombiani temono il ridicolo più delle multe, oppure ha chiesto loro di distribuire “cartellini rossi” e “cartellini bianchi” ai cattivi guidatori e a quelli diligenti; in uno happening artistico ha sostituito armi letali con giocattoli; ha fatto valere i diritti delle donne incoraggiando gli uomini a restare a casa a badare ai bambini. Con queste idee Mockus ha riportato tra i cittadini un senso di responsabilità civile e il suo successo è dimostrato dalle cifre: durante il suo mandato il tasso di omicidi è sceso del 33% e le vittime di incidenti stradali si sono ridotte del 50%. Sono stati istituiti 7.000 gruppi di sorveglianza di quartiere e più di 63.000 cittadini hanno volontariamente pagato il 10% di tasse in più per sostenere la sua politica. 

Concludo con una riflessione. Per me ogni luogo dà il meglio se presenta queste cinque caratteristiche: è un luogo di approdo stabile; è un luogo di opportunità; è un luogo di comunicazione e di networking; è un luogo di apprendimento e di riflessione; è un luogo di ispirazione. 


[english]

I feel ambiguous about cities. And that after all these years of being inside them as part of their intrinsic fibre or looking at them from the outside or advising people who run cities.
I wish I felt more at ease when I think about cities and perhaps my wish for harmonious feelings is merely a reflection of tiredness and age. Like many I am aware how the city oscillates between the promise of infinite opportunity and the reality of unfulfilled potential; or the over-stimulation of dreamy adverts and the deadening dullness of endless asphalt; or the allure of collective consciousness and to mesh into the crowd and by contrast the daily grind of being on my own.

There is this massive gap between what so many want for themselves or from their city and what they ultimately get. I have experienced this myself.

There is a promise cities give me that I have desired, but rarely felt. I wanted to seamlessly connect with others, with things, with knowledge and insight and that with immediacy; I have felt the allure of being ubiquitous; to be here, there and anywhere and being in flow and fluidity; I have wanted to be like liquid seeping in and out of my inner worlds into the outer worlds; I have wanted to be aligned.

I have craved after the balming effects of engaging all my senses with the city, of hearing clearly and able to distinguish fine modulations of rhythm and tone, of seeing both with sharpness and with fuzziness, of smelling expectant tastes, of  coalescing with the textures I touch be they hard, crumpled, smooth or soft. I have wanted to be alert, awake and alive. I have wanted to operate with a rich register of capacities and with openness. 

I have wanted to be part of the city in a visceral way and to be sensually enriched. I have wanted my experiences of cities to be like a gentle fragrance. I have searched for soul and spirit of place and found it so often in small incidentals rather than the big gestures. I have wanted an ethos of urban generosity to imbue my physical and social environments as I have wanted myself to be encouraged to show random acts of kindness. Alas much of this has only happened on brief occasions. 

I then thought can art help me. I reminded myself of Antanas Mockus the successful former two time mayor of Bogota between 1995 and 2003 who famously said: ‘when I do not know what to do anymore and what decision to take, I start thinking as an artist’. I thought his way of running a city would reduce my sense of the fracturing of cities. But what did he mean? I think this is what he meant. We live between two half worlds: the rational and the sensory and the arts at their best provide the best route into the sensory. We lose and yet we gain from the rational. It has a lifeless tendency, a constant reduction of complexity, a way of simplifying and narrowing. This is seductive. It makes us feel that we know when all we have done is to reduce what we can know. It has not relaxed into uncertainty or ambiguity and that which is yet to be known. Yet it has a penetrating practicality. It helps get things done. It has a vocabulary and a jargon. And its words frame mindsets and mindsets in turn shape decisions and decisions create our worlds. (…) 

The artistic can jolt the rationalists or those in the corporate world as the values and attributes that dominate their life are almost diametrically opposed to the values promoted by artistic creativity. At its best artistic creativity and art can help provide an imaginative leap. It involves a journey not knowing where it will lead or if it will arrive; it involves truth-searching and embodies a quest for the profound and truth; it has no calculated purpose, it is not goal-oriented, nor measurable in easy ways, nor fully explicable rationally, it denies instant gratification; it accepts ambiguity, uncertainty and paradox. The commercial world by contrast prefers certainty and predictability. 

Good art aims to create work which enters the common space of humanity; it champions originality and authenticity and opposes vanity; it generates openness to new ideas and new ways of doing; it is transgressive and disruptive of the existing order, it is often uncomfortable. Again these are attributes most can find worrying. The challenge is to get these two perspectives on life communicating with each other.
(…) I conclude then when I reflect that for me places are at their best when they embody five elements. They are places of anchorage; places of possibility; places of communication and networking, places of learning and reflection and places of inspiration.

 

(Tratto da/from: NB. I linguaggi della comunicazione, Foreste urbane, N.3, Anno IV, Logo Fausto Lupetti Editore, Milano 2012)