Bel Paese

Il paesaggio non è l’esito di una serie di atti intenzionali volti alla costruzione di una realtà estetica. In effetti esso non nasce dalla volontà di creare qualcosa di artistico. Alla sua origine ci sono solo alcuni interventi, ripetuti nel tempo, tesi ad assicurare agli esseri umani un abitare stabile e sicuro. Da questo punto di vista il paesaggio è nella tradizione mediterranea – nell’Europa del Nord le cose sono molto diverse – il rapporto tra un intorno naturale e le modificazioni ad esso apportate dagli abitanti dello stesso intorno perché per loro sia possibile un’esistenza il più possibile solida e agevole. È proprio questa radice antropica che ha dato al paesaggio latino un nome nel quale c’è il centro urbano elementare, il paese. Nella cultura germanica e anglosassone il paesaggio è invece landschaft e landscape. Con questi due termini si vuole indicare come carattere primario la radice naturale del paesaggio, il suo essere riferito sempre alla scena nativa, in qualche modo prescindendo dall’intervento umano. 

Il paesaggio può essere visto in più modi. In prima istanza esso può essere infatti considerato come una scrittura terrestre nella quale, al posto dei segni della scrittura normale, sono i percorsi, i canali, i filari di alberi, i muri di contenimento, le recinzioni, i solchi delle arature a dare vita a un sistema di notazioni che possono essere lette come parole di una pagina scritta. Non a caso la scrittura bustrofedica si chiama così perché ricalca il movimento dei buoi che arano, un movimento che alterna in andate e ritorni per tutta la lunghezza del campo l’atto del tracciare i solchi. In secondo luogo il paesaggio è una scultura decorata. Piani e rilievi hanno una sostanza plastica animata dalla luce che modella i rilievi scavandoli con ombre mobili. In terzo luogo il paesaggio è un tessuto drappeggiato, vale a dire un panneggio che mescola e modifica visivamente il disegno disteso sul tessuto stesso. Forse la tela che Penelope tesse di giorno e che di notte disfa non è altro che una mappa del paesaggio che in quel momento del suo errare Ulisse sta attraversando. Con questo rito Penelope probabilmente vuole tenere lontano Ulisse dalla sua reggia, non si sa se per proteggerlo o perché ha smesso, in realtà, di amarlo. 

Si è detto che il paesaggio non nasce perché si vuole realizzare un’opera d’arte. Esso è riconosciuto come tale, a volte, solo a posteriori. Perché ciò avvenga occorre costruire una narrazione paesistica che può essere poetica (Giacomo Leopardi), letteraria (Stendhal), pittorica (Nicolas Poussin), filmica (Michelangelo Antonioni), televisiva (Mario Soldati), musicale (Philip Glass). Tramite questa narrazione ciò che è fisico diventa immateriale, si fa tema, significato, immagine. 

Un paesaggio viene letto attraverso la successione di fasce temporali di narrazione. Ciò che emerge da questa lettura è un insieme costituito da misure, da scale, da gerarchie di segni, dalla compresenza di elementi fisici desueti ed elementi in attività. Durante queste letture si procede per un accumulo crescente di visioni che produce una saturazione la quale precede, a sua volta, una fase di astrazione. Emerge in questo modo una sintesi paesistica consistente in una accentuazione di quella narrazione alla quale si è fatto cenno. C’è da chiarire che la narrazione non ha un tempo illimitato. Secondo scadenze non programmabili, la sintesi paesistica permessa dalla narrazione subisce una sorta di collasso, di caduta improvvisa della capacità di un paesaggio di comunicare il suo senso. Tale evento traumatico impone la definizione di una nuova narrazione la quale, dopo un periodo più o meno lungo, sarà anche essa dissolta in modo da una dissoluzione più o meno inatteso. 

La dualità tra realtà e narrazione, ovvero tra la concretezza di un paesaggio e la sua rappresentazione idealizzata nasconde un grave rischio, quello di conservare nel tempo la seconda mentre la prima viene alterata. È ciò che è accaduto in Italia. Il paesaggio italiano è stato conservato come entità narrativa nel momento stesso in cui la realtà fisica veniva sottoposta a una distruzione crescente. In una incessante dialettica tra permanenze e mutamenti la scena idealizzata si è mantenuta pressoché indenne, mentre luoghi di straordinaria bellezza subivano l’assalto dell’abusivismo o le ingiurie dell’abbandono. Il paesaggio italiano ha un carattere pressoché unico. Esso è composto di stanze, vale a dire di intorni spaziali dotati di riconoscibilità dimensionale e morfologica. Queste stanze sono una diversa dall’altra. Esse hanno una dimensione media, che consente di vederne i contorni; sono inoltre ambienti finiti; hanno un loro carattere fortemente scenografico; possono essere interpretate come altrettanti interni. 

 Five Village Soundscapes (a cura di R.M. Schafer), SKRUV, Sweden LESCONIL. France

Ciascuna stanza è conclusa in sé e nello stesso tempo è connessa alle altre in un avvincente gioco di continuità e di discontinuità.
Il paesaggio italiano vive da almeno due decenni una crisi sempre più grave. Esso ha perduto il suo ruolo unificante, la sua funzione di struttura culturale del paese, il suo essere in qualche modo la forma simbolica dell’idea stessa dell’Italia. Dopo aver visto ridotta, se non proprio distrutta, la sua riconoscibilità, il paesaggio italiano si è trasformato in una congerie di residui informi, di frammenti dispersi, di isole circondate da un mare, sempre più esteso, di non luoghi, ambiti nei quali l’identità si annulla in un anonimato totale. 

Se si confronta la sua condizione attuale con l’immagine che emerge dalla Convenzione Europea del paesaggio occorre riconoscere che ciò che era un universo magico, toccato da una grazia unica e irripetibile – quel carattere nello stesso tempo unitario e diverso che aveva incantato il Goethe del Viaggio in Italia – è oggi una waste land, un mondo che attende un’urgenza di essere ricostruito. La registrazione storica dell’assenza attuale del paesaggio italiano non è stata ancora effettuata. Essa costituisce la premessa perché la ricostruzione possa essere intrapresa. Su come questo obbiettivo possa poi essere raggiunto occorre al più presto aprire una discussione che sarà lunga e difficile. Una discussione quanto mai incerta, alla quale dovranno partecipare non solo gli urbanisti e gli architetti, ma tutti coloro che sono convinti che nel contesto vasto e accidentato della globalizzazione il paesaggio è l’unico futuro in cui la penisola possa credere. 


[english]

The landscape isn’t the result of a series of acts meant to build an aesthetic reality. It doesn’t come from the wish to create something artistic. In the early phase of its development there are only a few operations, repeated over time, meant to ensure a stable and safe life-style for its inhabitants. 

From this viewpoint, the landscape is, in the Mediterranean tradition – in Northern Europe things are quite different – , the relationship between a natural surrounding and the way in which its inhabitants change it to make their lives easier and more secure. Human impact on the environment gave rise to the Latin landscape (paesaggio) in which we find the word “paese” (town), the basic urban centre. In the Germanic and Anglo-Saxon culture “paesaggio” is Landschaft and landscape. These terms indicate the natural aspect of the surroundings, regardless of human intervention.
Landscape can be seen in many ways. At first it can be considered a sort of earth writing in which trails, canals, trees, fences, and plowed fields substitute the written word giving rise to a system of annotations which can be read like a book. It is no coincidence that the ancient system of writing known as bustrophedon is so-called because it imitates the back-and-forth movement of oxen as they plow a field into continuous furrows. Secondly, the landscape is a decorated sculpture. Light and shadows shape the hills and valleys. And thirdly, the landscape is a drapery which visibly blends and modifies the underlying fabric. Perhaps Penelope’s web is nothing more than a symbolic map of Ulysses’ wanderings. In her ritual weaving and undoing of the web Penelope may have only wanted to keep Ulysses away from his kingdom, we don’t know whether to protect him or because she no longer loved him. 

It has been said that a landscape doesn’t start out as a work of art. It becomes recognized as such, sometimes, only after the fact. (…) The Italian “paesaggio” has undergone much deterioration over the past two decades. It has lost it’s unifying role, its function as part of the cultural structure of the country, its symbolic meaning as the idea of Italy itself. After having been witness to the slow degradation, almost destruction, of its identity, the Italian landscape has become a jumble of shapeless residue, scattered fragments, islands surrounded by a growing sea of non-places whose identity is lost in total anonymity. (…) Historical documentation of the present-day absence of the Italian landscape has not yet been compiled. It will be the starting point for reconstruction. 

The only way this goal can be reached is by initiating a long and arduous discussion, calling not only on city planners and architects but on all those who are convinced that on the vast and rocky road of globalization, the landscape is the only future which Italy can believe in. 

 

(Tratto da/from: NB. I linguaggi della comunicazione, Foreste urbane, N.3, Anno IV, Logo Fausto Lupetti Editore, Milano 2012)